Whatsapp corre ai ripari: in Europa e Regno Unito nessuna condivisione di dati obbligatoria con Facebook.

Whatsapp corre ai ripari: in Europa nessuna condivisione di dati obbligatoria con Facebook.

La modifica dei termini di servizio di Whatsapp

Il messaggio apparso negli ultimi giorni sui device degli utenti di Whatsapp, ha scatenato la reazione degli interessati.

Ne abbiamo parlato in un articolo presente sulla pagina di Aiuto Privacy (https://www.aiutoprivacy.com/privacy-whatsapp/)

L’esodo da Whatsapp

L’evento annunciato dalla app della famiglia Facebook, ha causato una immediata perdita di fiducia in buona parte dei propri utenti, i quali si sono riversati verso le altre app di messaggistica, come Telegram e Signal.

Per giorni l’hashtag #whatsappprivacy è stato trend topic sui principali social network e basta effettuare una ricerca per argomento, per cogliere il tenore delle argomentazioni pubblicate.

In un solo istante, la strategia dell’azienda americana si è palesata in tutta la sua pericolosità, causando una istintiva reazione difensiva.

Il colpo di scena

La trama era già ben orchestrata, il gigante del web che intende spiare i propri utenti silenziando il loro potere di opposizione, quando, puntuale, arriva il colpo di scena:

Whatsapp affida al proprio portavoce il compito di precisare che non è stata disposta alcuna modifica, relativa alla modalità di trattamento dei dati personali, per gli utenti facenti parte dell’Area UE e del Regno Unito!

L’aggiornamento, infatti, non riguarderebbe Whatsapp Ireland, che offre il servizio nell’area UE, ma soltanto Whatsapp Inc (ora LLC), responsabile per le altre aree geografiche.

Quindi resta tutto come prima? Whatsapp e Facebook condivideranno dati soltanto previo consenso?

Parrebbe di si.

Quindi emergenza rientrata. Basterà a fermare l’emorragia?

A questo punto ci sembra di sentire Warren Buffett pronunciare una delle sue celebri citazioni “ci vogliono 20 anni per costruire una reputazione e 5 minuti per rovinarla”.

Prescindendo dalle considerazioni sulla “buona fede” dell’azienda americana (che teniamo nel recinto della “personalizzazione”), la sensazione che abbiamo, è che l’attuazione di una politica di comunicazione discutibile abbia incrinato il rapporto con gli utenti.

Il messaggio di modifica unilaterale del contratto, infatti, è arrivato in un momento storico in cui il potere totalitario delle società dell’informazione, manifestatosi con la sospensione di alcuni profili celebri, ha incendiato un dibattito planetario.

Non sarebbe stato il caso di personalizzare l’invio della comunicazione “di servizio”, in base all’area geografica di riferimento?

C’era modo di precisare questa importante eccezione già ab origine, piuttosto che intervenire ex post?

Questo è campo di dibattito per gli esperti in questa meravigliosa materia che è la comunicazione.

Per noi addetti lavori, invece, a prescindere dalle circostanze qui analizzate, la nota positiva è osservare un graduale, ma generale, aumento della consapevolezza circa il valore dei dati personali e la necessità di vigilare costantemente a difesa del concetto di riservatezza.

Testo Avv. Mario Renzulli 

Foto di Alfredo Rivera da Pixabay